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Com'è andata che in casa ho una bici di Schifano
Questa è una bella storiella. Premetto che non ho mai avuto intenzione di collezionare arte, semmai me la faccio io da me, come faccio con le bici (e ora i dipinti).
Anni fa un amico anziano, che fu ricco ma perse tutto scialaquando per anni su un'isola greca in compagnia di una donna che poi lo lasciò quando i soldi finirono, mi chiese un aiuto economico. Non per lui, diceva, ma per suo figlio, che non riusciva ad uscire dal tira e molla di dentro la comunità di recupero/fuori dalla comunità di recupero.
Gli diedi un po' di soldi, una somma non enorme (non l'ho mai avuta) ma un migliaio di euro.
Ero sicuro che il mio amico, che chiameremo T., non me li avrebbe mai più ridati, anche perché lui stesso stentava a campare. Il mio é stato dunque un gesto gratuito, per amicizia e anche un po' di tenerezza, visto lo stato in via di naufragio di una persona non più giovane. Quindi non gli ho mai chiesto niente.
Qualche mese dopo si presenta da me con un quadro, il ritratto di una bicicletta. "E' uno Schifano, tié, te lo dò per i soldi che mi hai prestato".
Un bel quadro, devo dire. Ma non ho minimamente creduto mai che fosse un originale di quel matto di Mario.
Una sera ospito a cena un'amica con il suo nuovo fidanzato. Costui fa il mercante d'arte e ha una galleria. "Ammàzza, uno Schifano! -fa-. E quanto l'hai pagato?" Gli racconto ridacchiando la storia del quadro, con lo sguardo un po' di sufficienza che mette su uno chelasalunga. Lui mi ascolta, e poi mi dice "no, ti sbagli, il tuo amico ti ha dato uno Schifano vero, guarda qui... e poi qui... e qui...", dicendomi cose che sanno questo tipo di persone.
Ed è così che Rotafixa, innamorato perso delle biciclette e anche un po' fregnone tanto da prestare soldi per amicizia, si ritrova in casa un quadro bello di valore. Il cui valore vero però è nella sua storia, non nelle quotazioni dell'orrido mercato.
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